Il senso comune tende a farsi un’idea semplificata della ricerca scientifica. L’opinione comune tende a credere che l’attività di ricerca consista in una “raccolta” di informazioni che la realtà elargisce spontaneamente.
A questa concezione il senso comune ne accosta un’altra: raccogliere i dati che si offrono alla nostra osservazione ne consegue che ognuno si sente autorizzato a essere competente in merito.A questa concezione il senso comune ne accosta un’altra: raccogliere i dati che si offrono alla nostra osservazione ne consegue che ognuno si sente autorizzato a essere competente in merito.
Il paradigma positivista
Nel XIX secolo il Positivismo, inaugurato da Auguste Comte (1798–17857), filosofo francese e padre della sociologia. Teorizzò un’idea del metodo scientifico molto semplice: lo scienziato sottopone a osservazione il fenomeno e individua tra essi le relazioni costanti e infine formula una legge, cioè una relazione che lega tali fenomeni in modo necessario.
A fondamento del modello positivista stava la fiducia nel processo di induzione. Locke cita: La mente è come un foglio bianco su cui solo l’esperienza può scrivere dei caratteri. La concezione positivista suscitò opposizioni e perplessità in quanto affianca le scienze naturali alle scienze naturali attraverso il metodo empirico, come precisato dai filosofi Wilhelm Dilthey (1833–1911) e Wilhelm Windelband (1848–1915).
La ricerca secondo l’epistemologia novecentesca
L’epistemologia è una branca della filosofia che s’interroga sulla natura e sui fondamenti del sapere scientifico. È stata nominata dalla discussione critica del modello scientifico positivista, di cui ha messo in luce i nodi critici.
La filosofia della scienza del Novecento, all’interno della quale spiccano figure come quelle di Karl Popper (1902–1994), Thomas Kuhn (1922–1996), Paul Feyerabend (1924–1994), ha messo in discussione proprio i due assunti chiave su cui il positivismo aveva costruito la sua nozione di ricerca scientifica.
In primo luogo, la debolezza del principio di induzione: dall’esperienza di casi particolari per quanto numerosi, non è possibile ricavare una conoscenza certa di carattere universale, giacché molte conferme non sono sufficienti a garantire la bontà di un’affermazione generale, mentre una sola smentita è in grado di invalidarla.
In secondo luogo, l’epistemologia novecentesca ha rifiutato l’idea che la ricerca possa iniziare dalla paura e semplice osservazione dei dati: quest’ultima, in realtà, presuppone sempre un qualche elemento teorico, che orienti l’interesse del ricercatore e guidi la sua stessa osservazione, selezionando e organizzando i dati percettivi.
Se la teoria guida l’osservazione dei fatti, dall’altra i fatti osservati producono effetti importanti sulla teoria stessa, costringendo spesso il ricercatore a modificarla per adeguarla alle nuove scoperte.
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