venerdì 6 novembre 2020

Goffman – Le istituzioni totali

La Sociologia della vita carceraria si occupa dei meccanismi che regolano la vita all’interno del carcere. La concezione che oggi giustifica la funzione della carcerazione dell’individuo che ha commesso reati è quella della rieducazione per permettergli di rientrare in società. Questa idea del carcere riabilitante nei confronti del reo è vista in maniera problematica dalla Sociologia della vita carceraria, che considera la prigione un’istituzione totale. Secondo Erving Goffman, un’istituzione è totale quando ha un potere particolarmente inglobante sull’individuo.

I caratteri che connotano come totale un’istituzione sono quattro:

  • ogni attività si svolge nello stesso luogo e sotto la stessa autorità
  • gli individui svolgono quotidianamente delle attività per gruppi numerosi, sotto la stretta sorveglianza da parte dello staff dell’istituzione
  • vi è un sistema di regole ferree e ripetitive che scandiscono le varie attività e fanno scaturire così una standardizzazione dei comportamenti
  • lo svolgimento di tali attività è diretto al perseguimento dello scopo ufficiale dell’istituzione

 L’impatto dell’istituzione totale-carcere sull’individuo

Alterazione della personalità e perdita dell’identità individuale

Goffman, l’inventore della categoria di “istituzione totale”, ha analizzato la condizione dell’internato riferendosi alla condizione del paziente nell’ospedale psichiatrico, ma le sue riflessioni possono essere allargate anche alla figura del detenuto in carcere. L’aggettivo totale sta ad indicare l’ampiezza della coercizione che il carcere effettua sugli individui.

L’ingresso del detenuto in carcere coincide con quella che Goffman definisce spoliazione. La spoliazione è un rito in cui il detenuto si avvia a rischiare di perdere la sua identità per acquisirne una nuova, fino ad arrivare a perderla in modo irreversibile, come accade in caso di condanne molto lunghe. La spoliazione è la perdita dei beni materiali che il detenuto possiede, ma in realtà segna l’inizio della perdita del sé, determinata in primis dalla rescissione dei legami affettivi, familiari e sociali: l’istituzione totale innalza una barriera tra l’internato e il mondo sociale esterno (Goffman, 1961).

Un altro dei fattori di distacco progressivo del carcerato dalla vita reale emotiva ed affettiva è il controllo di ogni forma di comunicazione con l’esterno da parte dell’istituzione.

In Italia, l’Ordinamento Penitenziario determina le modalità e i limiti dei colloqui, della corrispondenza epistolare e telefonica (art. 37-38-39 d. P.R. n. 230 del 30 giugno 2000). I colloqui possono svolgersi solo sotto il controllo degli agenti di custodia e solo in luoghi appositi; in più possono avvenire esclusivamente con congiunti e conviventi.

La corrispondenza epistolare e telefonica è sottoposta a controlli, le telefonate sono registrate e a carico del detenuto, durano non più di dieci minuti e non più di una alla settimana. Tutto ciò è giustificato dal bisogno di sicurezza, per evitare di introdurre elementi pericolosi o non consentiti in carcere. La non libertà d’azione, ovvero la perdita di autonomia individuale provoca la mortificazione, tipica di tutte le istituzioni totali. Infatti in ognuna di queste l’autonomia decisionale del detenuto incontra continui ostacoli e limiti. Ne deriva un sentimento di frustrazione continua nel dover chiedere continuamente permessi e dover seguire processi iper-burocraticizzati per svolgere azioni del tutto normali e naturali nella vita extra-carceraria (le famose domandine). Un terzo fattore che caratterizza la perdita dell’identità personale è la forte violazione della privacy: ogni momento della giornata è condiviso con altri detenuti, con gli agenti e gli operatori, inoltre non è il carcerato a scegliere con chi condividere le attività.

Il detenuto è continuamente sottoposto a perquisizioni e a volte a violenze fisiche o psicologiche, gli è vietato tener con sé la maggior parte degli effetti personali e non ha nemmeno la possibilità di scegliere l’arredamento della cella.

Un altro attacco all’identità del detenuto è rappresentato dal fatto che la sua personalità è continuamente sotto osservazione dello staff carcerario: medici, psicologi, educatori e criminologi. Lo staff può accedere a qualsiasi informazione sul suo passato e sulla sua condizione sociale. La conservazione/trasformazione della sua identità è decisa dallo staff dell’istituzione.

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