domenica 27 dicembre 2020

Stratificazione sociale nella società contemporanea

L’analisi di Marx appare da rivedere in alcuni suoi aspetti. Ciò che oggi appare discutibile è soprattutto il giudizio dello studioso tedesco sul destino delle classi nel futuro della società industriale. L’evoluzione è stata ben diversa. È aumentata la consistenza numerica delle cosiddette “classi medie”.

 

Le classi medie

L’espressione “classi medie” o “ceti medi” indica la particolare collocazione nella società di una certa fascia di popolazione, intermedia tra l’alta borghesia e la classe operaia.

L’economista Paolo Syl
os Labini (1920 – 2005) mette in evidenza la scarsa omogeneità dei ceti medi. Essi comprendono gli appartenenti sia della piccola borghesia autonoma, sia al variegato campo della piccola borghesia impiegatizia, sia ad altre categorie particolari. Per questa sua eterogeneità la fascia delle classi medie si presenta sostanzialmente ambigua senza scopi o interessi sociali comuni, sprovvista di un codice sicuro e unitario di valori e pertanto imprevedibile dal punto di vista della condotta sociale.

Un quadro abbastanza spietato del mondo delle classi medie ci è offerto da Charles Wright Mills (1916 – 1962) con “White collars”, “colletti bianchi” (1951) in cui l’autore designa quelle categorie professionali che l’espansione della burocrazia pubblica e privata ha posto come cuscinetto tra la borghesia imprenditoriale e gli operai salariati (blue collars): impiegati, insegnanti, professionisti stipendiati. 

I colletti bianchi accettano passivamente i modelli culturali della società di massa.

Un altro aspetto porta necessariamente a rivedere le tesi “classiche” sulla stratificazione sociale: il generale aumento di benessere che si è verificato nelle società industriali.

Proprio la sfera dei consumi è quella in cui si assiste a un livellamento, almeno apparente delle differenze sociali.

 

Disuguaglianze sociali

Le statistiche rivelano che chi nasce in una posizione sociale meno privilegiata e con un reddito più basso non ha le stesse opportunità di chi appartiene alle fasce più alte della società.

Chi appartiene a un livello più alto ha in genere anche maggiori probabilità di raggiungere un elevato livello di istruzione e comunque di superare le difficoltà incontrate nello studio, grazie a un ambiente familiare ricco di stimoli e strumenti culturali. 

 

 

Nuove dinamiche di stratificazione

Le comunità immigrate vengono ancora spesso concepite come gruppi sociali a sé la cui collocazione supera le tradizionali linee di demarcazione tra le classi: precari per posizione giuridica, con uno status professionale modesto, separati dal resto della popolazione. 

Il meccanismo che può scattare in questa situazione è quello ci una sorta di “compensazione di status”.

La compensazione di status riguarda anche altre forme di disuguaglianza sociale, come quelle relative al sesso. A questo proposito gli studiosi di riferimento o con lo status di altri individui o gruppi incidono in modo negativo e decisivo sul giudizio che le persone si informano sulla propria posizione sociale.

 

Nuove forme di povertà

L’immagine del “povero” che si affaccia sulla nostra mente di fronte a domande di questo genere è probabile quella di una persona in condizioni di estrema indigenza, con difficoltà a procacciarsi i beni e i servizi necessari per sopravvivere o quantomeno per condurre un’esistenza umanamente dignitosa. 

La povertà assoluta, definibile come mancanza delle risorse per soddisfare i bisogni umani fondamentali.

Charles Booth (1840 – 1916) e Seebohm Rowntree (1871 – 1954) condussero separatamente due studi sulla popolazione di Londra e York, da cui emerse che circa 1/3 degli abitanti di queste città viveva in condizioni di oggettiva povertà.

Il concetto di povertà relativa è stato introdotto dal sociologo inglese Peter Townsend (1928 – 2009) a partire dagli anni Sessanta del Novecento. In base a questa prospettiva si definisce povero chi, pur potendo soddisfare i bisogni di base, manca delle risorse per raggiungere quelle condizioni che sono abituali o prevalenti, o almeno incoraggiate, nella società di appartenenza. 

 

Fenomenologia dei “nuovi poveri”

Il concetto di povertà relativa ci permette di identificare nelle moderne società industrializzate una categoria di persone che possiamo definire “nuovi poveri”.

Tra i fattori più significativi associati alla condizione di povertà ci sono l’elevato numero di figli, la presenza almeno un anziano nel nucleo famigliare, la mancanza di uno dei genitori. Questi dati evidenziano una carenza profonda del Welfare State. La povertà relativa ha un’alta incidenza anche presso gli anziani soli, soprattutto se donne.

Una condizione tipica del nostro tempo, legata a fenomeni come la precarizzazione del lavoro e le frequenti rotture dei nuclei famigliari, è la cosiddetta “povertà fluttuante”. La perdita imprevista dell’occupazione, un divorzio o un abbandono da parte del partner possono esporre le persone, le donne in particolare, a situazioni di improvvisa povertà.

 

Mobilità sociale

L’articolazione della società in classi implica per gli individui la possibilità di passare da una classe sociale all’altra, riassunta in mobilità discendente o ascendente. 

La mobilità ascendente è preclusa per principio nelle società divise in caste, come quella indiana, in cui la nascita “inchioda” le persone a una posizione sociale immutabile fino alla morte. 

Nel mono occidentale la stratificazione coesiste con la possibilità, teoricamente illimitata, di avanzare all’interno della scala sociale, evento realizzabile nell’arco della vita individuale oppure nello spazio di più generazioni.

La mobilità assoluta, data dal numero complessivo di persone che si spostano da una posizione sociale ad un’altra, e mobilità relativa, che consiste nel grado di uguaglianza delle possibilità di ciascuno di migliorare la propria posizione.

Può accadere, inoltre, che lo spostamento riguardi soltanto posizioni sociali contigue, rivelando invece percentuali modeste relative alla “mobilità a lungo termine”.

 

 

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